L’origine del Sacro di Birmania è avvolta da un’aura di mistero e spiritualità.
La leggenda narra che molti anni fa nella lontana Birmania il popolo Khmer, un popolo molto religioso, costruì meravigliosi templi per il culto degli dei. Uno di questi era dedicato alla dea Tsun-Kyan-Kse, la divinità che presiedeva alla reincarnazione delle anime. I monaci, per volontà sua, dopo la morte terrena trasmigravano e poi ritornavano nel tempio, reincarnandosi in immacolati gatti bianchi. Il tempio stesso era custodito, oltre che dai monaci, da cento gatti bianchi. Al suo interno si ergeva una statua dedicata alla dea. Era una statua magnifica e imponente, tutta d’oro massiccio, impreziosita da due splendidi zaffiri blu, incastonati a formare i suoi occhi che brillavano nell’oscurità.
Una notte il tempio fu invaso dai predoni e, mentre Mun-ha, il Gran Sacerdote, era in meditazione davanti alla statua della dea con a fianco il suo gatto bianco Sinh, venne ucciso senza pietà. Il gatto salì sul corpo esamine del sacerdote e fissò intensamente gli occhi della dea. Avvenne allora una straordinaria trasformazione: la statua della dea emanò un’intensa luce abbagliante ed il mantello del gatto assunse una sfumatura dorata, come la luce stessa irradiata dalla dea; i suoi occhi divennero blu zaffiro, come quelli della dea e il musetto, le zampe e la coda si tinsero dei colori della terra. Solo i piedini, che poggiavano sul corpo del monaco, rimasero candidi in simbolo di purezza.
Questo evento miracoloso infuse coraggio agli altri monaci, che riuscirono a scacciare i banditi e a salvare il tempio dal saccheggio. L’anima di Mun-ha trasmigrò nel corpo del gatto, ma era troppo pura per vivere ancora sulla terra ed allora il povero gatto, senza mai smettere di fissare la statua della dea, rifiutò acqua e cibo per sette giorni e sette notti lasciandosi morire. Da quel giorno tutti gli altri gatti del tempio subirono la stessa trasformazione di Sinh e furono considerati sacri. Da quei venerabili gatti discende il Sacro di Birmania.
La realtà storica è un po' diversa. Il Sacro di Birmania così come lo conosciamo oggi è frutto di incroci selettivi avvenuti in Francia nella prima metà del Novecento.
Sebbene non vi sia nulla di certo sulle effettive origini del Sacro di Birmania, si ritiene che provenga dalla Birmania, regione intrisa di storia e leggende, dove il gatto ha da sempre rivestito un ruolo speciale, quasi divino. In molte culture, i gatti sono associati alla pulizia e alla capacità di purificare gli ambienti. In Birmania, questa caratteristica li ha resi particolarmente adatti a vivere nei luoghi sacri dove, oltre al significato simbolico, hanno da sempre svolto anche una funzione pratica, proteggendo i templi dai roditori.
La versione più accreditata sulla genesi del gatto Sacro di Birmania e della sua comparsa in Europa, è che nel 1918 due esemplari, un maschio ed una femmina, vennero importati in Francia, si presume appunto da un tempio della Birmania, l’attuale Myanmar. Purtroppo, il gatto maschio morì durante il viaggio ma, per fortuna la gatta femmina, che nel viaggio era rimasta incinta, diede alla luce dei cuccioli dai quali ebbe origine la razza Birmana.
Le cronache del 1926 riportano che, ad una esposizione felina a Parigi, tutti rimasero incantati dalla bellezza di una gatta la cui razza era fino ad allora sconosciuta. La gatta si chiamava Poupèe de Madalpour e fu la prima ed unica Sacro di Birmania di pura razza nata in Occidente, più precisamente a Nizza, in Francia, intorno agli anni '20.
La sua nascita segnò l'inizio di un percorso che avrebbe portato alla diffusione e al riconoscimento ufficiale della razza a livello internazionale. Poupée è considerata la fondatrice della linea di sangue dei Sacri di Birmania in Francia e, di conseguenza, in tutto il mondo. La sua immagine è diventata un'icona per gli appassionati della razza e rappresenta la bellezza e l'eleganza del gatto Sacro di Birmania. A seguirla, un superbo gatto maschio seal point di nome Dieu d’Arakan, il quale ottenne un successo eccezionale alle esposizioni feline del 1930.
La Seconda guerra mondiale mise a dura prova le selezioni fatte fino ad allora dagli allevatori. Sopravvissero solo due coppie di Birmani dalle quali si ripartì, tra mille difficoltà, nella ricostruzione della razza, incrociando gli esemplari sopravvissuti e introducendo nuovi soggetti solo dopo un'attenta selezione. Il riconoscimento ufficiale della razza avvenne nel 1966, ma è grazie agli sforzi di quei primi allevatori che il Sacro di Birmania è riuscito a riprendersi e a diventare una delle razze feline più popolari e apprezzate al mondo.